LA LUNGA FESTA PATRONALE: RELIGIONE E FOLKLORE

La maggiore festa di paese ad Alberobello è quella dei Santi patroni, i medici Cosma e Damiano. Il culto è riferito a due fratelli romani vissuti tra Turchia e Siria e che secondo la tradizione furono nella prima generazione di martiri sotto l’impero di Diocleziano, all’inizio del quarto secolo dopo Cristo.

La venerazione ad Alberobello si deve al Conte di Conversano Giangirolamo II Acquaviva e la prima ricorrenza avvenne il 27 settembre del 1636. Da allora la festa patronale religiosa e civile avviene tra il 26 e il 28 settembre di ogni anno, anticipata dalla fiera di bestiame e utensili del giorno 25.

È un evento molto sentito, non solo in paese ma anche nel centri vicini in quanto la devozione ai Santi Medici richiama molti pellegrini che tradizionalmente usano raggiungere a piedi la Basilica alle prime luci dell’alba nei giorni 27 e 28, muovendosi dalle rispettive residenze. Tra i giorni 26 e 27 i più giovani usano celebrare “la nottata“, ossia passare la notte in giro fino alle prima messa delle ore 4:00 per poi fare colazione e rientrare a casa: il luna park di spettacoli viaggianti e giostre si interrompe a mezzanotte e nelle quattro ore ci si intrattiene in piccoli gruppi di amici.

Tutto il centro del paese si veste a festa con le caratteristiche luminarie, ossia delle decorazioni in legno adornate artisticamente con piccole lampadine colorate, spesso aperte con uno spettacolo di luci e musica nella sera della prima accensione. Un tempo tutte le giostre riempivano Largo Martellotta e la musica ad alto volume riecheggiava per tutto centro, fino alla Basilica, dove lasciava il posto alle preghiere amplificate dai megafoni esterni.

La festa è sinonimo di affollamento, soprattutto dopo la processione che porta in giro per il paese le Statue dei Santi: delle squadre di devoti – detti portatori – si alternano per trasportare i simulacri in spalla. Damiano è il minore tra i fratelli e tradizionalmente deve uscire dalla Basilica per primo, anticipando il fratello maggiore Cosma: altrimenti le effigie si fanno pesanti – dice la leggenda – e i portatori non sarebbero in grado di muoversi.

Nella mattina delle celebrazioni religiose e alla partenza della processione nel cielo di Alberobello viene sparato un colpo di fuoco d’artificio – è la diana – che annuncia la festa solenne. Nella Piazza del Popolo, antistante il Municipio, una cassa armonica in legno e illuminata ospita la banda ed è usanza suonare l’Aida di Verdi tra le altre arie.

Chiude la festa lo spettacolo di fuochi pirotecnici e tutti si spostano dal centro verso la periferie per poterli ammirare poco prima della mezzanotte.

Nei cuori degli Alberobellesi, la festa ricorda tanti piccoli momenti di convivialità e calore:

  • le nocelle (frutta secca), mangiate per strada e condivise con amici e parenti incontrati durante il passeggio;
  • le macchine “a tuzzo, ossia l’autoscontro, per adulti e ragazzi;
  • il Tagadà, giostra di esibizionismo e sfottò, di approcci maldestri e cadute rovinose, conditi da musica dance e battute di spirito spicciolo dello speaker/manovratore (spesso verso inesistenti “signorine con la gonna”) per intrattenere il pubblico a bordo giostra;
  • Le bancarelle, di vestiti, di tiro a segno con fucili ad aria compressa, di dimostrazioni con sedicenti miracolosi attrezzi per la pulizia della casa;
  • la focaccia con la mortadella in Largo Trevisani o la carne al fornello al mercato coperto;
  • i gruppi folkloristici nella villa comunale, provenienti da vari Paesi nel mondo che animano una delle tre serate di festa insieme al “cantante”, ossia un concerto gratuito di musica italiana;

Una serie di piccoli riti, di quelli che si vivono quasi passivamente, ma apprezzano davvero con il tempo e con l’età, o quando si perdono come in occasione della pandemia del 2020.